Nicola Ghezzani

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Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

“La tua assenza”

Una poesia tratta dal libro Grammatica dell’amore

I poeti hanno spesso colto con maestria lo stato d’animo della perdita, forse perché è vicino al dramma del poeta che teme di non essere capito e amato prima di essere raggiunto dalla morte. Il poeta – ce lo insegna Leopardi sopra tutti – teme di essere ignorato dalla sua amata comunità, quindi ha vivissimo il rischio e il sentimento dell’abbandono da parte degli altri, del mondo da cui vorrebbe essere capito (e lo traspone con immediatezza nell’idea dell’abbandono da parte dell’amata). Ha paura di non essere capito, riconosciuto, amato, quindi parla di un amore impossibile, di una perdita.

Come ogni altro essere umano coinvolto nell’avventura della costruzione della soggettività personale attraverso l’amore, anch’io ho più volte conosciuto l’angoscia di abbandono. L’ho vissuta sia sul versante dell'oblio da parte del mondo che da quello della perdita della persona amata.

Ecco come descrivevo in una poesia del 1985, all’età di 30 anni, lo stato d’animo ambiguo e complesso di un desiderio d’amore alternato ai timori della perdita. La mia compagna era partita per un lungo viaggio, dunque la coppia, nata due anni prima, sopportava una prima, minacciosa separazione. Sarebbe sopravvissuta?

Il mio animo, pur poco consapevole di ospitare questi dubbi, era tuttavia turbato. Quindi, scrissi questi versi.

La tua assenza

Perché, amore, quando mesta vaghi
come nebbia alle mie porte,
nel nulla che lasci alle tue spalle 
c’è come un sentore di morte, e il tempo 
che s’aggira in questa valle sempre più
s’oscura? Lo sai se nella pena sconfinata 
che mi dài i tuoi enigmatici ritorni
il buio placherebbero dei giorni? Perché 
nella luce dell’alba che s’accende
distendi più nero il tuo deserto
e contro il vuoto della sabbia
mi porgi braccia impossibili?
Oblio d’un sogno è amore? La vita
è questo niente che s’addensa in una stanza, 
è questa tenebra accesa ove splende 
in un cieco delirio la tua assenza?
“Paesaggio” (~ 1850), olio su tela, di Karl Rottmann